Elisa Erin Bonomo è una cantautrice molto fedele a se stessa, ma quello che forse non sapete di lei è che è una vera guida turistica di Venezia. Eh si, farsi un giro con lei in questa città vuol dire scoprire tantissime perle con le quali far colpo sugli amici!
L’abbiamo incontrata proprio qui dove ha frequentato l’Istituto Turistico per parlare del suo primo disco da solista “Antifragile” e di come vanno un po’ le cose ora che la sua vita è piena di collaborazioni e progetti.
In un’intervista rilasciata a Spazio Rock hai detto che “se non fossi stata male, Antifragile non sarebbe uscito”. Come stai ora?
Sono più serena. Almeno nelle mie scelte artistiche sono felice di continuare a rispettarmi e ad essere coerente con me stessa, con i miei colleghi e con i collaboratori. Anche se a volte rimanere integri non è così facile; però svegliarsi la mattina, guardarsi allo specchio e sapere di non aver fatto un torto a nessuno per me ha un gusto e un valore altissimo.
Termini che hai rivalutato nell’ultimo periodo?
Rete, collaborazione, solidarietà. Da un po’ di tempo a questa parte mi capita sempre di più di entrare in contatto con altri artisti per scambio date, o semplicemente per darci una mano.
Ci hanno da sempre abituati che il mondo musicale non fa sconti ed è molto individualista: ed effettivamente quando ero più piccola era così.
Chiedevo consigli e ricevevo elusioni o silenzi. Perciò crescendo mi sono autoimposta di reagire, aiutare e far crescere chi, secondo me, merita e ha talento.
La rivalutazione è stato vedere che le ragazze con cui sto collaborando per un progetto (WAV – Women Against Violence) siano tutte serie, volenterose, appassionate e che, contrariamente a ciò che che si dice, ci stiamo aiutando a vicenda per uno scopo comune. Ne sono veramente felice.
L’unione fa la forza, ma davvero!
Descrivi te stessa ora, ma anni Ottanta.
Praticamente mia madre: occhialoni a goccia, capelli vaporosi, pantaloni vita alta e ogni sabato a ballare al mitico Cosmopol! Di giorno compongo sui sintetizzatori, ascolto vinili, musicassette di tutti i tipi e programmo drum machine pensando che il rullante debba sempre suonare come una frusta.
Sono follemente innamorata di Ivan Cattaneo, Shalpi, Miguel Bosè e George Micheal (questa è davvero mia madre, lol)
Secondo te, è più facile che delle persone si fermino ad ascoltare un musicista per strada o che vadano ad un concerto senza sapere chi suona?
Molto più la prima che hai detto. Ho suonato un paio d’anni come busker e senz’altro è l’esperienza in cui di più non c’è filtro tra musicista e passante. Forse perché la musica ti viene incontro e non sei tu che ti devi spostare.
Non c’è giudizio, non c’è un palco che definisce i ruoli. Il musicista suona senza troppi stress e il passante può scegliere se mettere un attimo in pausa i suoi pensieri o continuare il suo percorso. Invece il concerto è proprio un rito, un’occasione.